Haithabu – Germania, 9 agosto 2022
Era da molto tempo che desideravo visitare questo museo all’aperto, uno dei siti archeologici più importanti della Germania del nord.
Haithabu viene infatti citato molto spesso nei testi storici dedicati ai Vichinghi.
Règis Boyer – uno studioso francese che uso molto spesso come punto di riferimento e a cui accennavo in questo articolo – ne parla piuttosto approfonditamente nel suo libro.
Inutile quindi aggiungere quanto fossi emozionata quando vi ho finalmente posato gli occhi.
“Hedeby (in lingua norrena Heiðabýr, traducibile come città sulla terra e a volte conosciuta col nome germanico di Haithabu), fu un’importante colonia nella Danimarca vichinga, fiorita attorno al IX secolo e posizionata nella parte meridionale dalla penisola dello Jutland. Si sviluppò come centro commerciale, situato all’estremità di uno stretto canale navigabile […] che si connette al Mar Baltico. Hedeby era la più vasta città nordica durante l’età dei Vichinghi ed è ritenuta essere una delle più antiche città della Danimarca.”
– Wikipedia
Per quanto al tempo della sua costruzione Haithabu fosse in Danimarca, i confini attuali la collocano infatti in Germania, poco lontano dal confine danese.
Il sito è diviso in due parti:
- A nord si trova il museo con una vasta collezione di reperti archeologici e alcune pietre runiche originali;
- A sud si trova invece la ricostruzione di un villaggio.
La nostra visita è iniziata dalla parte sud del sito.
Il villaggio
Il villaggio è in sé molto piccolo, ma la ricostruzione degli edifici e degli arredi è davvero molto accurata.
Le case di questo sito sono costruite in legno e argilla, che riveste le pareti esterne degli edifici e hanno il tetto rivestito di paglia. Non saprei descrivervi nel dettaglio la costruzione da un punto di vista tecnico, ma guardando le foto che ho fatto penso che l’accuratezza e l’attenzione di chi ha pensato questo sito siano evidenti.
Ho notato subito una netta differenza con le case ricostruite di un altro famoso sito che ho visitato tre anni fa e che si trova in Norvegia.
Sto parlando del sito di Gudvangen, a cui dedicherò un articolo approfondito più avanti.
In ogni caso, è stato davvero interessante vedere come i vichinghi costruissero le case in modo diverso a seconda dell’area geografica e dei materiale a disposizione.
Mi sono divertita tantissimo a girovagare per le costruzioni e a fare fotografie a più non posso!
A completare la visita del villaggio, all’ingresso dello stesso c’erano delle bancarelle dove si vendevano merci di vario genere: cibo cucinato secondo le abitudini dell’epoca, archi fatti a mano destinati ai bambini, pelletteria varia e vestiti vichinghi in lana fatti a mano.
La bancarella degli abiti
Sulla bancarella dei vestiti ho perso molto, molto tempo.
Non mi sono permessa di fare foto, se non una sola, perché mi sembrava scorretto nei confronti della signora che stava cucendo una tunica, poco più in là…
Ma la qualità degli abiti era sorprendente! Semplicissimi eppure bellissimi. Ho chiacchierato un po’ con lei e mi ha raccontato di fare i suoi abiti esclusivamente sui reperti archeologici ritrovati qua e là per la Scandinavia.
Personalmente, ho avuto gli occhietti a cuoricino per tutto il tempo della nostra conversazione.
Ho dovuto farmi violenza per non comprarne uno (si partiva dai 100 euro in su a capo)!
Alla fine ho preso coraggio e le ho mostrato alcuni dei miei disegni. Ho cercato di spiegarle il mio progetto e lei mi è sembrata piuttosto colpita.
Ha fatto però un commento che mi ha un po’ spiazzata e che mi ha fatto rimuginare per giorni.
Non ricordo onestamente le parole esatte che ha usato, ma il succo del discorso era:
“Vedo che i tuoi abiti sono piuttosto elaborati. Non erano così in realtà. Gli scandinavi erano popolazioni molto povere, non avevano tempo da perdere a fare ricami arzigogolati e abiti troppo sfarzosi: dovevano vivere.”
Capisco pienamente il punto di vista, ma questo va in contrasto con quanto avevo studiato.
Cerco di spiegarmi: certo, gli scandinavi erano popolazioni povere – è il motivo principale per cui hanno iniziato a razziare le coste nordeuropee e per cui sono passati alla storia come Vichinghi – ma comunque avevano una sorta di gerarchia interna alla società.
C’erano i capi villaggio – gli Jarl – e ad un certo punto della loro storia sono subentrati i re – il primo è stato Harald I detto Bellachioma – e costoro potevano vantare una certa ricchezza – niente di che, probabilmente, ma comunque erano più ricchi della popolazione normale.
Alla fin fine, però, dal momento che la storia su cui sto lavorando è di genere fantasy, ho deciso di preoccuparmene fino a un certo punto: non devo essere storicamente accurata al 100%.
Ma questa conversazione mi ha spinta a cercare di documentarmi meglio e in modo più approfondito per i miei prossimi volumi di IVAR.
Completata la visita al villaggio, ci siamo diretti verso l’area museale.
Il museo
Il museo era decisamente ricco di reperti ritrovati durante gli scavi: tra vasellame, gioielli, pietre runiche, qualche spada e finimenti in cuoio, c’era veramente da perdersi via.
Qui sono rimasta colpita in particolare dalle pietre runiche.
Ne avevo già viste in passato, ma mai così da vicino e a mio avviso sono davvero impressionanti.
Non erano particolarmente grandi, ma quei segni incisi nella pietra evidenziati in colore rosso mi facevano risuonare qualcosa dentro.
Ho potuto ammirare da vicino le sinuose decorazioni e la particolare scrittura bustrofedica.
Se stai strabuzzando gli occhi a questa parola, tranquillo, è perfettamente normale, l’ho fatto anch’io.
Come spiega Wikipedia:
“[…] è una scrittura che non ha una direzione “fissa” ma procede in un senso fino al margine scrittorio e prosegue a ritroso nel senso opposto, secondo un procedimento “a nastro”, senza “andare a capo” ma con un andamento che ricorda quello dei solchi tracciati dall’aratro in un campo.”
Come ogni museo dedicato ai Vichinghi che si rispetti, alla fine del percorso si trova il pezzo forte della collezione, ovvero i resti di una nave vichinga.
Assolutamente non paragonabile con quelle conservate al Museo delle Navi di Oslo, ma comunque affascinante.
Finita la visita, ci siamo immersi nel bellissimo bosco di betulle e querce che circonda il sito.
Un posto davvero incantevole, anche solo per fare una passeggiata in mezzo al verde con uno scorcio sulla baia.
Tornata alla macchina, ero assolutamente felice e con un sorriso sornione stampato in faccia.
È stata una visita davvero interessante e stimolante, per le mie esigenze artistiche e archeologiche, e consiglio a chiunque passi di lì a fermarsi ad ammirare questo luogo intriso di storia.
Dopodiché siamo ripartiti: il Nord ci aspettava.
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